domenica 30 gennaio 2011

Erano gli anni Settanta...

Aldo Moro, ostaggio delle BR
Ed eccomi qua, alle 3 di notte, ascoltando una canzone del 1979, a parlare degli anni Settanta..anni formidabili pur nelle difficoltà e nelle tensioni che si ebbero... ciò che rende memorabile agli occhi di noi giovani di oggi con un po' di cervello quel decennio, è la grande fiducia negli ideali per mutare il voto della società e cambiare in meglio il mondo... certo, allora si cadde nel tunnel infinito, del terrorismo, da una parte e dall'altra, e si dovettero contare morti e migliaia di feriti, spesso " gambizzati", per definirli con il neologismo diffusosi allora in seguito alla decisione dell Br di colpire alle gambe per intimorire gli individui considerati, nel loro modo maldestro di giudicare la realtà, collaboratori del SIM, cioè lo stato imperialista delle multinazionali. Oggi ci troviamo di fronte ad una società menefreghista, egoista, attratta soltanto dall'esteriorità e dal successo telelvisivo, grazie ad una tv che offre ogni anno che passa uno spettacolo sempre più indecente, sia mediaset che rai, nonostante il canone da pagare di 110,50 euro, ricordato ogni giorno alla fine del tg.. Sono cambiate le forze in gioco nell'arena delle relazioni tinternazionali e nazionali, è vero, ma ciò che purtroppo è cambiata veramente è al coscienza delle persone e la morale, che prima aveva un peso e che ora invece, a rammentarla, si scatenano risate sarcastiche. Oggi la maggioranza della gente vive senza valori, non crede in niente, sono saltati i ruoli gerarchici nella società, con le donne che vogliono fare gli uomini e non hanno capito che l'uguaglianza dei diritti e delle possibilità non significa sopraffare l'uomo e voler mutuare certi atteggiamenti tipicamente maschili.. i ruoli sono stabiliti da secoli, ed ora che sono stati sovvertiti, i risultati si vedono eccome..il motto da adottare sarebbe stato " uguaglianza nella diversità", ma, allora, proprio in quegli anni settanta che nella loro grandezza hanno visto la nascita di fenomeni che avrebbero rovinato la società gerarchicamente ordinata, vi erano forze in gioco troppo grandi e troppo forti, con un movimento femminista deciso a riscattare secoli di subalternità femminile al genere maschile, ribaltando la superiorità tra i due sessi. Nel 1975, l'anno della riforma del diritto di famiglia, con l'adeguamento di diversi articoli del codice civile, che poi verrà rinnovato nel 1978, dopo la stesura originaria mussoliniana del marzo 1942, si può dire che si ha un punto di svolta cruciale nella storia della società, i cui effetti si vedono sempre con lentezza rispetto alla storia evenemenziale e politica, secondo anche la tesi che fu della scuola de Les Annales francese, di bloch e pirenne, grandi storici del Novecento. Fino ad allora, l'uomo era il pater familias ispirato alla figura del padrone caratteristica del mondo romano e tramandatasi nei secoli grazie all'influenza conservatrice della Chiesa, e la moglie non poteva nemmeno apporre la propria firma su atti giuridici senza il consenso del marito, vivendo quindi in una situazione di subordinazione e di minorità intellettuale, costretta ad obbedire al coniuge. Anche per quanto riguardava l'educazione dei figli, il compito di predisporre l'orientamento da segiuire era meramente maschile, salvo lasciare poi alla donna in mano i piccoli da crescere ed educare, nell'ambito domestico, in cui la moglie era la regina del focolare, e non. Dal 1 dicembre 1970, era entrato in vigore il divorzio, dopo decenni di battaglie, con la prima proposta che risaliva addirittura agni anni settanta dell'800 con il senatore salvatore morelli. Il deputato socialista loris fortuna era riuscito nel 1968 a riportare in auge la discussione sulla proposta di legge, portando a supporto della sua idea le statistiche che dimostravano una quantità enorme di famiglie separate, con problemiu per l'assegnazione dei figli e per la pacifica convivenza, non essendovi una legislazione in materia di scioglimento del matrimonio, considerato indissolubile, secondo le leggi del diritto canonico. Soltanto i ricchi potevasno permettersi di annullare, e ripeto annullare, non sciogliere, un'unione matrimoniale, rivolgendosi alla Sacara Rota romana, il tribunale ecclesiastico deputato alle controversie coniugali. Una volta trasferita la pratica alla sacra rota vaticana, iniziavano le ricerche da parte dei giudici eccleasiastici di impedimenti alla celebrazione delle nozze non ravveduti al tempo del matrimonio o di comportamenti non ortodossi tenuti da un coniuge nei confronti dell'altro, e, una volta riscontrate le cause, dietro il pagamento di una cospicua somma di denaro, l'unione si dichiarava annullata, dando la possibilità di risposarsi anche in chiesa, che poi voleva dire anche civilmente, non essendoci negli anni settanta ancora nemmeno la distinzione tra il campo del diritto civile ed ecclesiastico, introdotta nella revisioine del conconrdato del '29 nel febbraio 1984 con il primo governo Craxi. Il presidente della DC Fanfani, ideatore e sostenitore del fronte del SI' al referendum abrogativo del divorzio del 12 maggio 1974, divorziò due volte alla Sacra Rota, tanto per ricordare l'incoerenza che ha sempre regnato sovrana nella classe politica, con la differenza però, rispetto ad oggi, che allora i panni sporchi si lavavano in casa come si suol dire, e non si davano in pasto alla gogna mediatica. Chissà cosa avrebbe pensato la gente per esempio del senatore Emilio Colombo, ex capo del governo DC e ministro x vari anni, oggi 90enne, la cui omosessualità è sempre stata conosciuta negli ambienti della politica. mA allora, appunto, vi era il rispetto di un codice etico di comportamento,..ah, bei tempi!! e i politici, pur facendo il loro interesse come succede da che mondo è mondo, operavano in modo tale che la gente stesse il meglio possibile, offrendo molte opportunità di lavoro con i numerosi concorsi pubblici banditi in quegli anni per impieghi sotto lo Stato a tempo indeterminato.,. si dirà, ed è vero, che era una tattica DC per mantenere il consenso elettorale, si dirà che allora il debito pubblico aveva da venire ai livelli in cui lo conosciamo oggi, raddoppiato dal 60% al 120% durante gli anni rampanti di craxi oltre 20 anni fa, ma la realtà era e resta quella.. un tasso di disoccupazione assai inferiore a quello attuale.. fine 1 puntata..

giovedì 27 gennaio 2011

I viali fiorentini raccontati viaggiando

150 anni dall'Unità d'Italia

Il Regno d'Italia (1861-1946) nacque nel 1861 dopo l'esito della seconda guerra di indipendenza e dopo i plebisciti degli altri territori conquistati. Con la prima convocazione del Parlamento italiano del 18 febbraio
1861 e la successiva proclamazione del 17 marzo, Vittorio Emanuele II fu il primo re d'Italia (1861-1878).

La popolazione, rispetto l'originario Regno di Sardegna, quintuplicò. Istituzionalmente e giuridicamente, il Regno d'Italia venne configurandosi come un ingrandimento del Regno di Sardegna. Ciò, ed anche l'aver a modello la struttura della Francia, comportò quella che viene chiamata la piemontesizzazione del Paese ed un assetto fortemente accentrato, tanto che lo stesso presidente Giorgio Napolitano ha dichiarato che oggi occorre "superare il vizio di origine del centralismo statale di impronta piemontese".
Il neonato Stato, una monarchia costituzionale, si ritrovò, fin dai primi tempi, a tentare di risolvere problemi di standardizzazione delle leggi, di mancanza di risorse a causa delle casse statali vuote per le spese belliche, di creazione di una moneta unica per tutta la penisola e più in generale problemi di gestione per tutte le terre improvvisamente acquisite. A questi problemi, se ne aggiungevano altri, come ad esempio l'analfabetismo e la povertà diffusa, nonché la mancanza di infrastrutture.
La questione che tenne banco nei primi anni della riunificazione d'Italia fu la questione meridionale ed il brigantaggio antisabaudo delle regioni meridionali (soprattutto tra il 1861 e il 1869). Il problema era noto come la "questione meridionale". Ulteriore elemento di fragilità era costituito dall'ostilità della Chiesa cattolica e del clero nei confronti del nuovo Stato, ostilità che si sarebbe rafforzata dopo il 1870 e la presa di Roma (questione romana).