martedì 3 aprile 2012

A sette anni dalla morte di G.Paolo II: Parlando di G.Paolo I Luciani e dei suoi nemici.


G.Paolo I Luciani

Nella chiesa degli anni settanta, il brodo che bolliva in pentola era molto bollente per la situazione complessa che strava vivendo nel periodo postconciliare in cui era necessario applicare alla realtà ecclesiale gli orientamenti dell'assise e forti erano le resisrenze provenienti dall'ala più conservatrice della Curia, vedi Ottaviani, Marcinkus; quest'ultimo, arcivescovo americano, doveva le sue fortune alla protenzza di rfilessi con cui nel 1970 durante una visita a Manila nelle Filippine era riuscito a sventare un tentativo di uccisione di sua Santità Paolo VI Montini da parte di un pittore che aveva lanciato un pugnale verso il pontefice. Divenne così uno dei preferiti di Montini e non impiegò molto a scalare la vetta delle posizione di potere in seno alla Chiesa. Poco dopo venne in contatto con un uomo d'affari americano, futuro ministro con Nixon, e gli fu presentato Sindona, il banchiere della mafia, che a sua volta lo presentò a Roberto Calvi, impiegato del Banco Ambrosiano diventato poi direttore. Già nel 1973, quando il povero e mite Albino Luciani era patriarca di Venezia, c'era stato uno scontro tra il futuro G.Paolo I e Marcinkus, divenuto nel frattempo capo dello IOR, "l'Isituto per le Opere Religiose" e specializzato in transazioni finanziarie di varia natura in diverse parti del mondo e non sempre trasparenti. In quell'anno, Luciani si schierò contro la vednita del 37% delle azioni della Banca Cattolica del Veneto al Banco Ambrosiano di Calvi e chiese ai parroci di togliere e spostare i risparmi delle parrocchie ivi depositati. Nel 1978, comunque, al momento dell'elezione al soglio di Pietro di Albino, vi erano forti partiti di matrice antitetica all'interno dei giochi di forza del Conclave, tra cui il cardinal conservatore di Genova Giuseppe Siri. 
Fu eletto Luciani, ma fin da subito in curia storsero il naso per i comportamenti decisamente anticonformistici dell'umile servo di Dio delle valli del nord, che ad esempio rifiutò la cerimonia d'intronizzazione, dell'imposizione della tiara, abolì il plurale maestatis favorendo l'Io, come Papa ma prima di tutto persona, "Dio è padre e madre" disse in un celebre discorso, "abbiamo un curato di campagna in Vaticano" rispose malignamente qualcuno. Il poverpo Albino, di salute cagionevole fin da tenera età, mal sopportava le angherie, le vipere annidate nei saloni di San Pietro e il suo fisico ne era debilitato. Decise però fin da subito di operare per un ritorno della chiesa alla purezza evangelica, una sorta di revival pauperistico, e di profondere impegno per moralizzare il clero, dedito maggiormente alla vita mondana ed ai piaceri materiali. La purezza, il candore d'animo, l'umiltà erano le doti più apprezzate dello sfortunato pontefice.
Quando fu trovato morto, aveva sul comodino, secondo vari racconti, o l'Imitazione di Cristo, il celebre testo medievale ascetico, o degli appunti per un discorso ai gesuiti e, parrebbe, un elenco di nominativi, circa 131, degli ecclesiastici iscritti alla massoneria a braccetto con l'alto mondo della finanza. Tra questi, vi era naturalmente Marcinkus, l'uomo del "non si governa la Chiesa con le Ave Maria", tutto il contrario di Liuciani per intendersi.
Ci sono tanti dubbi intorno alla morte, scoperta intorno alle 4:00 del mattino, dato che non si vuol dare l'assenso all'autopsia.
La giustizia terrena cattolica ha un valore molto basso rispetto a quella ultraterrena e lascia il compito di giudicare e punire a Dio per certi versi e molto spesso.

Credo che G.Paolo I Luciani sarebbe stato un pontefice rivoluzionario, unico, che avrebbe riavvicinato tanti giovani alla Chiesa, basti pensare alle idee moderatamente più aperte anche sul problema della contraccezione e del preservativo, in un'epoca, come quella, delineata da scontri e cambiamenti sociali, ecc.